mercoledì 23 dicembre 2015

L'OCEANO INDIANO



L'importanza dell'oceano Indiano come rotta di transito tra Asia e Africa lo ha reso sede di numerosi conflitti. A causa della sua grandezza, nessuna singola nazione lo ha dominato fino all'inizio del XVIII secolo, quando la Gran Bretagna riuscì a controllare per diverso tempo gran parte delle terre che lo circondano. La sua importanza strategica è ancora oggi enorme. La sua linea di divisione ufficiale con l'Oceano Atlantico è rappresentata da Capo Agulhas, estremità meridionale del continente africano.

Vicino all'oceano Indiano si sono sviluppate le più antiche civiltà conosciute, nelle valli del Nilo, del Tigri e dell'Eufrate, nella valle dell'Indo e nell'Asia sudorientale. Durante la prima dinastia dell'Egitto (circa 3000 a.C.), una spedizione venne mandata a Punt, che si pensa facesse parte della Somalia odierna. Le navi portarono indietro oro e schiavi. Greci e Fenici frequentarono il Mar Rosso a partire dal VII secolo a.C. al soldo degli Egiziani, e probabilmente superarono lo stretto di Bab el-Mandeb, raggiungendo l'attuale Somalia. I Greci chiamavano l'oceano Indiano mare Eritreo. I Romani commerciavano con i porti dell'oceano: l'anonimo autore del periplo del Mare Eritreo descrive porti, merci e rotte lungo le coste dell'Africa e dell'India attorno alla metà del I secolo d.C.

Probabilmente durante il I millennio d.C., gruppi di persone parlanti lingue austronesiane, simili al malese, attraversarono l'oceano Indiano e si insediarono nel Madagascar. Marco Polo (circa 1254-1324) fece ritorno dall'Estremo Oriente passando attraverso lo Stretto di Malacca. Le spedizioni cinesi raggiunsero l'Africa nel XV secolo, ma i commercianti arabi dominavano le rotte dell'oceano Indiano prima che Vasco da Gama doppiasse il Capo di Buona Speranza nel 1497 e arrivasse all'India, il primo europeo a seguire questa rotta. Dopo questa impresa, il Portogallo cercò di dominare la regione, ma dovette cedere agli olandesi all'inizio del XVII secolo. Cento anni dopo, sia la Francia che l'Inghilterra cercarono di assicurarsi il controllo dell'oceano, ma solo gli inglesi ci riuscirono.

L'apertura del Canale di Suez nel 1869 ravvivò l'interesse europeo per l'Oriente, ma nessuna nazione riuscì a dominare le altre nel commercio. Dopo la seconda guerra mondiale, la Gran Bretagna si è ritirata dall'oceano Indiano, ma è stata solo parzialmente rimpiazzata dall'India, dall'Unione Sovietica e dagli Stati Uniti. A definizione dell'importanza dell'oceano alcune nazioni vi hanno stabilito basi navali.

Negli anni Novanta, l'intervento degli Stati Uniti nella guerra del Golfo (1991), quale forza di maggior consistenza all'interno dello schieramento multinazionale, e la quasi contemporanea dissoluzione dell'Unione Sovietica determinavano un mutamento quantitativo e qualitativo della presenza statunitense in tutta la regione dell'Oceano Indiano e in quella più ristretta del Golfo Persico, dove, tuttavia, l'influenza degli USA assumeva una valenza particolarmente significativa. Tra gli Stati del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG) e Washington venivano firmati diversi accordi che permettevano agli USA di realizzare manovre militari congiunte e concesso facilitazioni aeree e navali. In queste regioni l'egemonia statunitense diveniva assoluta, oltre che per la sua preponderanza militare rispetto agli Stati della regione, anche per l'incapacità dimostrata dalla Federazione Russa di esercitare sulla zona lo stesso tipo di controllo praticato dalla potenza sovietica. L'assenza di una controparte capace di bilanciare la preponderanza degli Stati Uniti era tangibile anche nelle altre zone dell'Oceano Indiano: nonostante il peso sempre crescente dei giganti locali, quali per esempio, la Repubblica Sudafricana, l'India, l'Australia, nessuno di essi si era dimostrato capace di proporre un progetto politico a scala regionale, tale da unificare i diversi interessi nella comune difesa dell'autonomia e del controllo delle grandi vie marittime di comunicazione, passanti per importantissimi stretti strategici (Bab al Mandab, Hormuz, Palk, Malacca, Sonda, Lombok, Torres). Nel Mar Rosso e nel Corno d'Africa la situazione era molto incerta: l'equilibrio geopolitico si era modificato dopo il conseguimento dell'indipendenza da parte dell'Eritrea (1993), in seguito alla quale l'Etiopia era stata privata dello sbocco al Mar Rosso.

L'oceano Indiano occupa circa il 20% della superficie terrestre coperta da oceani e il suo volume è stimato in 292 131 000 km³. È situato completamente nell'emisfero orientale ed è delimitato a nord dall'Asia meridionale, a nord-ovest dalla Penisola arabica, ad ovest dall'Africa, a sud-ovest dall'oceano Atlantico, a nord-est dall'Indocina, ad est dall'Arcipelago Malese e dall'Australia, a sud-est dall'Oceano Pacifico, a sud dall'oceano Antartico, se lo si considera esistente, altrimenti dall'Antartide.

Comprende i mari: Mar Rosso, Golfo Persico, Mar Arabico, Golfo del Bengala, Mare delle Andamane, Golfo di Aden, Golfo di Oman, Canale del Mozambico, Stretto di Malacca. Molte isole punteggiano i 66 526 km di coste dell'oceano Indiano e alcune di esse sono stati indipendenti: il Madagascar (la quarta isola più grande del mondo), le Comore, le Seychelles, le Maldive, Mauritius e lo Sri Lanka. L'Indonesia si trova al suo confine col Pacifico, ma appartiene a quest'ultimo.


La circolazione delle acque si svolge secondo due sistemi, uno meridionale e uno settentrionale, diversi tra loro. Nel primo le acque si spostano dai pressi dell’Australia occidentale alle coste del Madagascar, si volgono a N, giungendo fino all’altezza del Capo Delgado, sulla costa africana, e qui si dividono in due rami: uno, con direzione nord, entra nel circuito delle correnti settentrionali; l’altro, con direzione sud, dopo aver percorso il Canale di Mozambico (Corrente del Capo o delle Aguglie), si dirige verso le coste sud-occidentali dell’Australia dove devia verso N (Corrente Australiana) e quindi a NO, chiudendo così il circuito delle correnti meridionali. Nella parte settentrionale dell’oceano le direzioni delle correnti si alternano in sensi opposti per l’influenza esercitata dallo spirare dei monsoni.

La salinità delle acque superficiali varia dal 33 al 36‰, ma nel Mar Rosso e nel Golfo Persico può anche superare il 40‰. La temperatura, a cavallo dell’equatore, si mantiene sui 28 °C, mentre scende sui 16 °C nell’area oceanica posta all’altezza della punta meridionale dell’Africa. Ancora più a S, in prossimità dell’Antartide, la temperatura scende a 0 °C. Le maree hanno un’escursione media di 2-4 m e sono generalmente semidiurne; maree diurne si hanno nel Mare Arabico e sulle coste occidentali australiane.

La profondità media dell'oceano è di 3 890 m. Il suo punto più basso, la Fossa di Giava, raggiunge i 7 450 m. A nord della latitudine 50° sud, l'86% del bacino principale è coperto da sedimenti pelagici. Il rimanente 14% è coperto da sedimenti terrigeni, costituiti principalmente dalle due enormi conoidi torbiditiche dell'Indo, a ovest, e del Gange-Brahmaputra, a est del subcontinente indiano. Le latitudini più a sud sono dominate da sedimenti originati dai ghiacciai dell'Antartide.



Le piattaforme continentali orlano con continuità le coste africane, arabiche, indiane, malesi e australiane, come pure la costa occidentale del Madagascar, con un'ampiezza inferiore ai 100 km lungo il versante afro-arabico. Altrove l'ampiezza della piattaforma oscilla tra i 200 e i 300 km, ma supera di gran lunga questi valori nell'Australia meridionale, al largo di Bombay (Mumbai), del Bengala e della Birmania (Myanmar). Le coste indonesiane di Sumatra e Giava, nonché la costa orientale del Madagascar, precipitano, invece, in profonde fosse oceaniche. Le piattaforme continentali, secondo una recente scoperta, sono segnate da una fitta rete di canyons, che, posti per lo più in corrispondenza delle maggiori foci fluviali, si prolungano per centinaia di chilometri fino alle piane abissali. Rilievi e scandagli hanno messo in evidenza come il fondo dell'oceano sia percorso da alcune dorsali sottomarine (di Carlsberg, delle Chagos, dell'Indiano centrale, orientale e sud-occidentale, delle Kerguelen) che individuano vari bacini, quali quelli Arabico, dei Somali, dell'Indiano Centrale, del Madagascar, delle Kerguelen, dell'Australia occidentale, dell'Australia meridionale.La profondità media delle sue acque è di 3900 m, mentre quella massima, misurata nella Fossa della Sonda, a S di Giava, raggiunge i 7450 m. Numerose sono le isole: la maggiore è il Madagascar che, insieme con le Comore, le Seychelles e le Mascarene, è situata nel settore occidentale. Nel Mare Arabico sono le isole di Socotra, le Kuria Muria, le Laccadive e le Maldive; nel golfo del Bengala sono Sri Lanka (Ceylon), le Andamane e le Nicobare e a S, infine, sono le isole Chagos, Mentawai, Christmas, Cocos, Amsterdam, San Paolo, Kerguelen, Crozet, Marion, Principe Edoardo, Heard e McDonald. Per quanto riguarda il clima, a causa del diverso grado di riscaldamento e raffreddamento delle acque oceaniche e delle terre circostanti, si stabilisce nella zona un'ineguale distribuzione delle pressioni, che danno origine a un particolare tipo di venti periodici, i monsoni, spiranti in senso alterno secondo le stagioni, e precisamente dal mare verso terra (monsoni di mare) nel periodo estivo, e dalla terra verso il mare (monsoni di terra) nel periodo invernale, e il cui influsso è soprattutto sensibile nella parte settentrionale dell'oceano. Il regime dei venti influenza notevolmente anche le correnti marine superficiali. Sotto l'azione costante dell'aliseo di SE, le acque si spostano dalle coste occidentali dell'Australia (corrente dell'Australia Occidentale) verso W, formando la Corrente Equatoriale, che, giunta all'altezza del Madagascar, si divide in tre rami: uno scorre verso S lambendo le coste orientali del Madagascar (corrente del Madagascar), il secondo percorre il canale del Mozambico da N a S (Corrente del Mozambico), mentre il terzo volge a N lungo le coste dell'Africa orientale. I primi due rami si riuniscono a S del Madagascar formando la Corrente delle Agulhas (o del Capo); nell'Oceano Indiano settentrionale, invece, le correnti si alternano in senso opposto in corrispondenza all'alternanza dei monsoni. Nel periodo estivo le correnti sono generalmente dirette da W verso E e lambiscono le coste della Somalia da SW a NE; nel periodo invernale, invece, sono dirette in prevalenza da E verso W e si dirigono verso SW lungo le coste della Somalia. La temperatura delle acque superficiali varia da quasi 30 ºC a N (Mar Rosso, Golfo Persico, Golfo del Bengala) a.0º a S, presso l'Antartide: la salinità assume valori compresi tra il 32 e il 36‰. I valori più elevati sono raggiunti nel Mar Rosso, nel Golfo Persico e nel Mar Arabico, quelli più bassi nel golfo del Bengala e nel settore meridionale, a causa della rilevante quantità di acqua dolce apportata, rispettivamente, dai fiumi e dalle acque di fusione dei ghiacciai antartici. I principali fiumi che sfociano nell'Oceano Indiano sono lo Zambesi, lo Shatt al ?Arab (formato dalla confluenza del Tigri con l'Eufrate e tributario del Golfo Persico), l'Indo, il Gange con il Brahmaputra, l'Irrawaddy e il Murray. Gran parte del fondo dell'oceano è ricoperta da uno spesso strato di sedimenti, costituiti prevalentemente da argille rosse nel settore orientale, da melme a globigerine in quello occidentale e da melme a diatomee in quello meridionale.

Numerosi sono i porti che si affacciano all'Oceano Indiano, tra cui gli africani Port Elizabeth, East London, Durban, Maputo, Dar es Salaam, Mombasa, Port Sudan e Suez (all'estremità meridionale del canale omonimo, che collega l'Oceano Indiano col Mar Mediterraneo), gli asiatici Aden, Karachi, Bombay (Mumbai), Colombo, Chennai, Calcutta (Kolkata), e gli australiani Perth e Adelaide. La pesca è largamente praticata dai Paesi rivieraschi del N e dell'E (India, Birmania, Malaysia), dove rappresenta una cospicua risorsa alimentare; lungo il litorale del Mar Rosso è diffusa la pesca delle perle, mentre ai bordi dell'Antartide si caccia la balena. Un cenno particolare merita il notevole incremento turistico registrato in molte parti dell'Oceano Indiano: nel corso degli anni Sessanta e Settanta, le prime mete furono alcune località costiere del Kenya e della Tanzania, nonché del Mar Rosso, ad accogliere un rilevante numero di turisti internazionali, mentre le isole Seychelles già da tempo rappresentavano un'area turistica di élite. In seguito, il movimento ha assunto maggiori proporzioni, investendo anche altre aree, come le Comore e le Maldive, meta di flussi cospicui.

Numerose specie marine in pericolo vivono nell'oceano Indiano, tra cui i dugonghi, le tartarughe e le balene. Il Mare Arabico, il Golfo Persico e il Mar Rosso soffrono di un inquinamento da residui petroliferi.

Nell'Oceano Indiano vivono oltre cinquemila specie ittiche.

Le isole dell’Oceano Indiano sono distribuite irregolarmente: la parte occidentale è ricca di arcipelaghi e di numerose isole, tra cui primeggia quella di Madagascar; la zona meridionale e la orientale, invece, ne sono poverissime. Quelle di origine corallina occupano una zona delimitata a sud da una linea che potremmo tracciare unendo la Baia di Maputo con la punta meridionale di Madagascar e con le isole Houtman Abrolhos (Australia occidentale).

La funzione economica dell’Oceano Indiano è essenzialmente riconducibile allo sfruttamento delle risorse minerarie, in particolare all’estrazione, raffinazione e commercializzazione di petrolio, che hanno del tutto soppiantato le tradizionali attività pescherecce. Si estraggono inoltre minerali di stagno (ai limiti orientali, presso Malacca) e di titanio (lungo le coste occidentali e sud-occidentali dell’Australia). Gli intensi traffici sviluppatisi in funzione di tali risorse e di altre precedenti produzioni (legname, carbone, caucciù) fra i paesi industrializzati dell’Atlantico e del Mediterraneo, alcuni paesi africani e asiatici e l’Australia, hanno determinato l’affermazione di un gran numero di porti, alcuni di notevole importanza strategica e commerciale, altri come sbocchi al mare dei rispettivi retroterra. Tra i primi: Singapore, Colombo, Aden, oltre ai terminali petroliferi del Golfo Persico. Tra i secondi: Mumbai, Durban, Adelaide, Yangon, Calcutta, Chennai, Karachi, Port Elizabeth.

La sua evoluzione è strettamente connessa con la nascita della catena montuosa himalaiana. L’oceano, infatti, si andò individuando allorché l’India si staccò dal Gondwana (circa 100 milioni di anni fa) e migrò verso N, per scontrarsi nel Terziario con la zolla eurasiatica. Lo studio delle anomalie magnetiche misurate sul fondo ha rivelato una evoluzione estremamente complessa, che ha dato luogo a una complicata struttura topografica, caratterizzata da segmenti di dorsali e faglie trasformi. Le dorsali che si elevano dal fondo formano una Y capovolta, delimitando così tre zolle litosferiche divergenti: zolla africana, zolla australiana e zolla antartica. La Dorsale di Carlsberg (il tratto che ha direzione N-S) è posta tra la penisola indiana e il bordo orientale africano: essa è rigettata da una serie di faglie trasformi che la piegano verso il Golfo di Aden. All’estremità meridionale, questa dorsale si biforca: il ramo occidentale, piegando verso SO, corre tra Africa e Antartide per poi congiungersi con la dorsale medioatlantica; il ramo orientale ha invece direzione E e SE ed è situato tra Australia e Antartide. Due dorsali oceaniche non più attive, che decorrono sempre con direzione N-S, sono la Dorsale 90° Est e quella delle Chagos-Laccadive. A E della prima è presente il Bacino delle Cocos, mentre tra le due è situata la Piana di Sri Lanka. A O della Dorsale di Carlsberg si estende il Bacino di Somalia. Sul fondo dell’Oceano I. si accumulano grandi quantità di sedimenti provenienti dall’erosione della catena himalaiana, i quali, trasportati dall’Indo e dal Gange, costruiscono estese conoidi sottomarine.




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